Si ritiene che la nostra Terra sia stata esplorata e studiata, che non nasconda più misteri perchè tutto è stato spiegato scientificamente; allora andiamo ad esplorare gli Spazi per trovare delle risposte ai misteri di altri Pianeti. La terra presenta dei lati oscuri che sono ancora in attesa di essere svelati; allo stesso modo la nostra storia, quella che troviamo nei testi scolastici, presenta delle incongruenze alla luce di scoperte archeologiche che dimostrano l'infondatezza di certe nozioni accettate per "fede" solo perchè provenienti dalle affermazioni di autorevoli storiografi i quali storiografi non si prendono la briga di correggere le loro asserzioni perchè la loro cultura si è formata su fonti anch'esse inesatte e imprecise, quindi, nonostante le evidenze, preferiscono ignorare, piuttosto che studiare e correggere. Misteri sulla Terra, ne troviamo ad ogni piè sospinto. Esiste il mistero del Triangolo delle Bermuda, ancora irrisolto, quello dei vari mostri, quello delle piogge insolite (di animali, lastre di ghiaccio, sassi, ecc.), o fenomeni misteriosi come quello dei fantasmi. Come si può vedere la gamma è davvero vasta.

giovedì 23 maggio 2013

Le calcolatrici dell'antichità

Le calcolatrici dell'antichità
Alcuni ricercatori sono convinti che certe civiltà del passato abbiano raggiunto un livello tecnico estremamente elevato, cosa, questa, di cui si è sempre taciuto nei testi di storia e di archeologia 'ufficiali'. Tale convinzione è alimentata dalle 'curiosità' in cui ci si imbatte nei luoghi di ricerca, nelle raccolte d'arte antica e nei musei.
Effettivamente esiste un numero di 'anomalie' innegabili, oggetto di seri studi, che suggeriscono l'idea di una tecnologia remota, inimmaginabile.
Nel 1900 alcuni pescatori di spugne scoprirono i resti di una nave carica di tesori, vecchia di oltre duemila anni, al largo dell'isola greca di Anticitera. La nave trasportava statue di bronzo e di marmo e la sua destinazione, quando affondò, nel 65 a. C., era senz'altro Roma. Nella stiva dell'imbarcazione venne scoperta una quantità di legno e bronzo: il metallo era talmente corroso che il tutto poteva essere considerato solo come un ammasso di ruote dentate e di piatti di bilancia incisi.
Solo nel 1954 Derek de Solla Price, dell'Università di Cambridge, fu finalmente in grado di dedurre che ci si trovava di fronte all'equivalente antico di una moderna 'calcolatrice', molto avanzata, quindi, rispetto a tutto ciò che sarebbe stato inventato in Europa nel corso di centinaia di anni. La macchina era composta da almeno venti ruote dentate collegate ad aghi, con il supporto di un certo numero di lamine di bronzo. Il tutto era montato su una scatola di legno. Quando si faceva girare un filamento passato attraverso la scatola stessa, gli aghi si spostavano su quadranti protetti da sportelli. Iscrizioni spiegavano come servirsi della macchina e come leggere i quadranti.


Insomma, si trattava di una specie di libretto di istruzioni! Il dispositivo era una rappresentazione mobile dei corpi celesti, il Sole, la Luna, con i pianeti visibili a occhio nudo, Venere, Marte, Giove Saturno. Le loro rispettive posizioni nel cielo erano indicate con grande esattezza. Stando alle parole di Price, «nessun oggetto vagamente somigliante a questo strumento è mai stato rinvenuto altrove. Niente di simile ci viene descritto da testi scientifici. Ci sembra verosimile che la 'scoperta di Anticitera' faccia parte di un vasto campo di conoscenze per noi perdute, ma che gli Arabi conoscevano bene».
In effetti essi costruirono, secoli dopo, sistemi di calendari meccanici, dai quali avrebbero tratto ispirazione gli orologiai dell'Europa medievale. Ma esistono molti esempi ancora di oggetti antichi esaminati alla luce della scienza moderna. Una statuetta, catalogata come rappresentazione di un giaguaro quando venne scoperta a Panama negli Anni Venti, fu considerata sotto un punto di vista molto diverso da studiosi non tradizionalisti: venne addirittura interpretata come la raffigurazione di una specie di bulldozer. Le sue curiose appendici triangolari assomigliano effettivamente a pale poste all'estremità di bracci meccanici. Le ruote dentate fissate sulla coda del modello danno l'impressione che servissero come trasmissione a catena o a corregge. Gli oppositori, però, fanno notare che la costruzione di macchine simili avrebbe richiesto risorse tecnologiche notevoli in un paese in cui non è mai stata trovata alcuna prova dell'esistenza di mezzi adeguati. Gli autori convinti del contrario fanno ricorso a quelli che, secondo loro, dovrebbero essere esempi probanti, come l'edificazione di centri misteriosi, da tempo disabitati, costruiti in modo impensabile: è il caso della città del Machu Picchu, edificata nelle Ande peruviane, a 2100 metri sul livello del mare. Essi affermano che sono state necessarie macchine per rimuovere e spostare le enormi quantità di terra e di pietre necessarie.
Una statuetta rappresentante un primitivo bulldozer
Tuttavia (replicano gli avversari), l'ipotesi ha poco fondamento: è possibile che questa impresa stupefacente sia stata compiuta solo grazie alla forza muscolare dei costruttori. Un'interpretazione fantastica è stata data a un'incisione murale del tempio egiziano di Dendera, costruito nel periodo compreso fra il 300 e il 30 a. C. e dedicato alla dea Hathor. Secondo il giornalista americano René Noorbergen., una 'scatola' raffigurata nell'incisione stessa, che porta l'immagine della testa di Horus, dio del Sole e simbolo dell'energia divina, avrebbe caratteristiche molto curiose. «Intorno alla testa», egli scrive, «si nota un'aureola costituita da un disco solare, il che farebbe identificare il contenitore come una fonte di energia». Un 'cavo elettrico' partirebbe da questa scatola e si dirigerebbe verso due oggetti che, secondo Noorbergen, sarebbero addirittura tubi catodici. A tale proposito non si può non mostrare un certo scetticismo, uno scetticismo Che non è giustificabile, però, per quanto concerne le 'pile di Baghdad' (di cui abbiamo già parlato) e per certi altri curiosi fenomeni che ci vengono segnalati in fatto di elettricità.
Romani non furono grandi inventori né grandi scopritori. C'è qualcosa, tuttavia, che nella storia delle loro presunte realizzazioni scientifiche non manca di stupirci: l'insistente accenno alle 'lampade eterne'. C'è chi (come P. M. Elsen) si diverte a dirci che una luce perpetua brillava sulla cupola di un non meglio precisato tempio di Numa Pompilio. Non sappiamo, poi, quanto vi sia di vero in un'altra affermazione di Elsen: «Quando il sepolcro di Pallante (il figlio di Evandro immortalato da Virgilio nell'Eneide) fu aperto, nei pressi di Roma, nel 1401, lo si trovò illuminato da una lampada che aveva brillato per oltre duemila anni». Maggior attendibilità ha, però, la storia di una misteriosa tomba sulla via Appia Antica. La si scoprì verso la metà del XVI secolo, ci informa Wilhelm Schródter, «e nel suo interno si rinvenne il corpo di unagiovinetta, galleggiante in un liquido sconosciuto. Aveva capelli biondi, raccolti con un cerchietto d'oro, e un aspetto tanto fresco che la si sarebbe detta ancora viva. Ai suoi piedi stava una lampada accesa, che si spense al contatto con l'aria. Sulla base di alcune iscrizioni si apprese che la salma doveva trovarsi in quel luogo da 1500 anni e si suppose trattarsi di Tullia, figlia di Cicerone. La si portò a Roma e la si espose in Campidoglio, dove la gente affluì in massa. Quando il popolo stolto cominciò a renderle gli onori riservati ai santi, il papa (Paolo III, che visse dal 1468 al 1549), il quale possedeva centinaia di mezzi per sottrarre questa preziosa antichità all'ado-razione degli idioti ma non seppe eviden-temente impiegarne uno, la fece gettare nel Tevere ».
La "calcolatrice" trovata ad Anticitera
Un curiosissimo parallelo potrebbe essere tracciato con una scoperta assai più vicina a noi nel tempo. Ecco come ce la descrive Hanns M. Heuer: «Nel corso della costruzione di una strada nei pressi di Budapest, nel 1930, il piccone di uno sterratore incontrò una forte resistenza: venne portata alla luce unagrossa lastra di pietra, sollevata e spostata, poi, con una certa difficoltà. Si presentò così agli operai uno spettacolo fantastico: la lastra copriva un sarcofago, nell'interno del quale si trovava il corpo perfettamente conservato di una fanciulla molto bella, completamente coperto da un liquido di colore blu chiaro. Ai piedi della giovane ardeva una luce bianco-azzurra. Il capo degli scavatori avvertì immediatamente il Museo nazionale di Budapest. Gli esperti accorsero, ma era già troppo tardi: subito dopo l'apertura del sarcofago, infatti, il misterioso liquido si era abbassato di secondo in secondo e si era alfine volatilizzato. La luce aveva ancora lampeggiato in qualche guizzo, poi si era spenta. Nel sepolcro restò soltanto cenere. Del liquido e della 'lampada eterna' non rimase traccia». Heuer ci dice come la conservazione del segreto sia attribuita alla setta dei Rosa-croce e cita in proposito l'introvabile libro Histoire et Doctrines des Rose-Croix di Paul Sédir (alias Ivon Leloup), vissuto dal 1871 al 1926. Dopo avere accennato alla presunta invenzione romana, Sédir scrive che durante il regno di Enrico VIII, al tempo della messa al bando degli ordini monastici in Inghilterra (1533-1539 circa), «si rinvennero in un convento due 'lampade eterne' che ardevano dal iv secolo, ora conservate nel museo di Leida, in Olanda». «Il 15 maggio 1917», aggiunge Robert Charroux, «venne portato alla luce in Gran Bretagna un tempio sotterraneo dei Rosa-croce. Gli scopritori videro una specie di mummia assisa su una cattedra di pietra, che sembrava leggere un grande libro con caratteri magici. Una lampada rischiarava dolcemente la scena. Quando gli scopritori stessi si avvicinarono, la mummia, con un gesto che non fu certamente casuale, ruppe la lampada e il locale piombò nell'o-scurità, come venne riferito da testimoni oculari». 


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